martedì 16 ottobre 2012

Parole nel vento

Avevo un paio di jeans e una camiciola rossa con il colletto tirato all’insù, un fazzoletto con strani arabeschi, mi cingeva il collo. Al gran galoppo su un bellissimo cavallo grigio-bianco e due levrieri. Ehi, vagabondo chi sei? I suoi capelli erano striati di grigio ma la faccia era fresca anche se vissuta e poi era magro ed agile, era proprio questo ad eccitarmi. Non aveva la faccia di un "peone", le sue mani era(no) delicate e non era perciò un proprietario terriero, turista neanche a parlarne. Sarebbe stato intrigante scoprire chi era. In un posto così tranquillo dove non succedeva mai niente di strano questa era una vera novità. Ogni tanto mi giravo per rassicurarmi che  non fosse solo un sogno, gli sorridevo e poi con gli occhi brillanti per la felicità continuavo a cavalcare. Era lui  l’uomo che mi aveva preparato il destino, lo sapevo che non poteva continuare così e che prima o poi  sarebbe successo, il tanto sognare e il tanto aspettare avevano dato  i frutti sperati. Un’incontenibile emozione irrompeva a flutti continui che quasi mi impedivano di stare seduta a cavallo.

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